Vendita a catena: come opera la garanzia

Nell’azione di regresso prevista dal ‘Codice del consumo’, il venditore finale che agisce contro il proprio dante causa per difetti di conformità del bene venduto al consumatore non deve provare che il difetto sia imputabile al soggetto chiamato in causa, essendo sufficiente, invece, dimostrare l’inadempimento contrattuale del primo venditore

Vendita a catena: come opera la garanzia

A fronte di una cosiddetta vendita a catena, ciascuno dei successivi acquirenti agisce, in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta, in regresso contro l’immediato dante causa in forza del proprio distinto rapporto contrattuale di compravendita, senza che tra l’azione principale e il rapporto obbligatorio alla base della successiva domanda di regresso si costituisca alcun vincolo di interdipendenza. Perciò, nell’azione di regresso prevista dal ‘Codice del consumo’, il venditore finale che agisce contro il proprio dante causa per difetti di conformità del bene venduto al consumatore non deve provare che il difetto sia imputabile al soggetto chiamato in causa, essendo sufficiente, invece, dimostrare l’inadempimento contrattuale del primo venditore, in quanto la responsabilità di quest’ultimo è di natura contrattuale e si fonda sulla violazione degli obblighi contrattuali assunti verso il venditore intermedio.
Questi i punti fermi fissati dai giudici (ordinanza numero 20460 del 21 luglio 2025 della Cassazione alla luce dell’azione con cui una donna ha citato in giudizio una concessionaria per ottenere la risoluzione del contratto di compravendita di una vettura ‘Lancia Y’ e, conseguentemente, la restituzione del corrispettivo – 8mila e 200 euro – versato per l’acquisto dell’automobile, e, infine, il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali lamentati in conseguenza del sinistro avvenuto allorquando, dopo aver avvertito la rigidità e la rumorosità del volante durante la guida e fatto pertanto rabboccare l’olio del sistema idroguida presso la concessionaria, a causa di un improvviso irrigidimento dello sterzo, aveva perduto il controllo del mezzo, andando a urtare contro il guard-rail delimitante la carreggiata.
Per escludere ogni propria responsabilità, la concessionaria si è difesa deducendo di essersi limitata a vendere l’auto, che era comunque coperta da garanzia prestata dalla casa produttrice ‘Fiat Group Automobiles S.p.A.’.
Per i giudici d’Appello, però, la concessionaria va condannata alla restituzione del corrispettivo pagato dalla compratrice per l’automobile.
Questa decisione viene messa in discussione dai magistrati di Cassazione, i quali ricordano che la finalità del diritto di regresso, previsto dal ‘Codice del consumo’, è quella di consentire al professionista, che abbia alienato un bene di consumo a un consumatore e che sia stato da quest’ultimo chiamato a rispondere per un difetto di conformità del bene, di agire nei confronti del soggetto o dei soggetti effettivamente responsabili dell’insorgenza dei vizi di conformità, al fine di essere tenuto indenne dalle conseguenze economiche pregiudizievoli derivanti dall’accoglimento della pretesa dell’acquirente fondata su un difetto di conformità. Ciò per evitare che i costi economici del difetto di conformità ricadano esclusivamente sui soggetti con cui i consumatori hanno stipulato il contratto volto all’acquisto del bene di consumo, riversandoli su coloro che del difetto di conformità devono considerarsi effettivamente responsabili, per aver dato causa con una propria condotta commissiva od omissiva all’esistenza del difetto di conformità medesimo.
In generale, presupposti della domanda di regresso sono: che il difetto non fosse conosciuto o conoscibile dal venditore finale al momento dell’acquisto del bene dal soggetto nei confronti del quale agisce per il regresso; la rivendita del bene al consumatore finale; la mancanza di caratteristiche del bene da considerarsi dovute sia dal soggetto legittimato passivo dell’azione di regresso sia dal venditore finale al consumatore. In altri termini, nelle mani del venditore intermedio deve essere pervenuto un bene affetto da quei vizi di cui si è doluto il consumatore, in ragione del fatto che l’inadempimento del rivenditore deve essere direttamente connesso e consequenziale alla violazione degli obblighi contrattuali verso di lui assunti dal primo venditore. In caso contrario, se il venditore intermedio ha consapevolmente acquistato dal venditore precedente un bene affetto da vizi e lo ha rivenduto senza alcun riferimento alla presenza di detti vizi, il medesimo ne risponde nei confronti dell’acquirente finale, ma non può lamentare alcun inadempimento nei confronti del venditore precedente, non potendo pertanto agire in regresso nei suoi confronti.
Il diritto riconosciuto al venditore finale è un diritto di credito nuovo, di previsione legale tipica, a favore di chi ha adempiuto la propria obbligazione o ha subito una perdita o un mancato incremento patrimoniale, consistente nella possibilità di scaricarne il costo su un altro soggetto che è fatto obbligato per propria responsabilità ma a causa dell’inadempimento o della perdita altrui. Orbene, la responsabilità che il venditore finale fa valere nei confronti del suo dante causa è di natura contrattuale, perciò l’onere della prova sul medesimo incombente è quello proprio dell’inadempimento delle obbligazioni contrattuali. L’autonomia di ciascuna vendita non consente di trasferire automaticamente nei confronti del venditore a monte l’azione risarcitoria esercitata dal compratore danneggiato, ma ciò non impedisce di ravvisare nel danno risarcibile al compratore danneggiato dal suo dante causa un danno a quest’ultimo risarcibile da parte del primo venditore, a causa dell’accertato suo inadempimento contrattuale per la violazione degli obblighi contrattuali verso di lui assunti dal primo venditore.
Il primo venditore è responsabile ex empto nei confronti del venditore intermedio oltre a poter essere chiamato a rispondere a titolo di illecito nei confronti del compratore finale del danno da questi sofferto in dipendenza di vizi che rendono la cosa pericolosa, anche se tale danno si sia verificato quando la cosa stessa sia passata nella sfera di disponibilità di altri e sia stata da costoro utilizzata.
Evidente, quindi, l’errore compiuto in Appello e consistito, spiegano i giudici di Cassazione, nell’addossare al venditore finale la prova che il difetto di conformità fosse imputabile alla società chiamata in causa, siccome la prova da parte sua di avere verificato prima della consegna che l’auto fosse esente da vizi è conforme a quanto contrattualmente previsto.
Inoltre, in secondo grado non è stato correttamente individuato il tipo di azione esercitata dal venditore finale e il tipo di responsabilità del suo dante causa, sovrapponendo i profili di responsabilità del venditore finale nei confronti dell’acquirente finale con i profili di responsabilità del produttore nei confronti del venditore finale, muovendo dall’assunto che quella del venditore finale verso il proprio dante causa fosse la stessa azione risarcitoria che il consumatore avrebbe potuto spiegare nei confronti del produttore.
Pur ricorrendo un rapporto trilaterale tra consumatore, venditore finale e legittimato passivo all’azione di regresso, deve invero escludersi la sussistenza di un vincolo di solidarietà tra venditore finale e precedente professionista: il consumatore non è legittimato ad agire indifferentemente a titolo contrattuale nei confronti dell’uno o dell’altro.
Va ribadito, quindi, che nelle vendite a catena il consumatore può esperire due rimedi: l’azione contrattuale, esclusivamente nei confronti del suo diretto dante causa, in quanto l’autonomia di ciascuna vendita non gli consente di rivolgersi verso i precedenti venditori, atteso che nonostante l’identità dell’oggetto e del contenuto delle rispettive obbligazioni ciascuna vendita conserva la propria autonomia strutturale, sicché non è consentito trasferire nei confronti dei precedenti venditori l’azione risarcitoria dell’acquirente danneggiato, restando salva l’azione di rivalsa del rivenditore nei confronti del venditore intermedio; l’azione extracontrattuale, esperibile contro il produttore per il danno sofferto in dipendenza dei vizi che rendono la cosa pericolosa, anche quando tale danno si sia verificato dopo il passaggio della cosa nell’altrui sfera giuridica.

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