Annegamento di una ragazzina: nessun risarcimento se il padre è stato disattento
Decisivo, per i giudici, il richiamo alla condotta gravemente negligente ed inescusabile del soggetto responsabile della vigilanza sulla vittima

In materia di responsabilità civile extracontrattuale, quando l’evento dannoso è causato da una pluralità di azioni od omissioni, la condotta gravemente negligente ed inescusabile del soggetto responsabile della vigilanza sulla vittima può costituire causa prossima di rilievo, idonea ad interrompere il nesso di causalità con le precedenti condotte omissive di terzi, escludendo la loro rilevanza eziologica quando tale condotta sia autonoma, eccezionale ed atipica rispetto alla serie causale già in atto e di per sé sufficiente a provocare l’evento.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 15457 del 10 giugno 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il tragico annegamento di una ragazzina in mare, hanno accertato la responsabilità del padre della vittima, escludendo ogni possibile addebito a carico del Comune.
Il fattaccio risale alla fine dell’estate del 2013, quando una ragazzina, in compagnia di una amica, dopo essere entrata in mare, muore per annegamento in uno specchio d’acqua antistante un tratto di spiaggia libera di un Comune pugliese.
Secondo il padre della ragazzina, l’evento è imputabile a responsabilità del Comune, vista l’assenza di servizio di salvataggio e di cartelloni che segnalassero tale mancanza e visto il pessimo stato di manutenzione del percorso di accesso alla spiaggia.
Per i giudici di merito, però, il tragico evento non è ascrivibile a responsabilità del Comune, bensì a responsabilità esclusiva del padre della minore, il quale si era intrattenuto a conversare con un amico all’ingresso della spiaggia – in un punto che non consentiva di avere sotto controllo visivo le due minori – omettendo di vigilare su di loro, che si erano tuffate in mare da sole, senza la supervisione di un adulto, con la conseguenza che la ragazzina, poco abile nel nuotare, era annegata, non essendo valsi a salvarla i soccorsi apprestati grazie all’intervento di due bagnanti che avevano allertato i bagnini del vicino stabilimento balneare, nella persistente assenza del padre che era sopraggiunto solo perché chiamato dalla amica della figlioletta, mentre erano già in corso i tentativi di rianimare la figlia.
In sostanza, poiché il padre della minore, con la propria condotta negligente consistita nell’essersi fermato intenzionalmente a parlare con un conoscente, sui gradini di accesso alla spiaggia, in prossimità della pineta, perdendo di vista le due minori a lui affidate, senza porsi il problema di verificare l’esistenza o meno di eventuali presidi di salvataggio e pertanto di verificare se le bambine potessero o meno entrare in acqua da sole – tanto più in ragione del fatto che sua figlia non era un’esperta nuotatrice – ha di fatto destituito di qualunque efficienza anche solo concausale la condotta omissiva del Comune quanto alla mancata segnalazione della situazione di rischio nella balneazione per mancanza di servizio di salvataggio perché, quand’anche un tale cartello fosse stato effettivamente apposto a cura del Comune, il padre della minore (responsabile dell’Incolumità delle due minori), fermatosi a parlare con un conoscente prima dell’ingresso della spiaggia, senza preoccuparsi di quello che avrebbero fatto le due bambine lasciate da sole e fuori dal suo campo visivo, neanche avrebbe potuto leggerlo, sì da rendere eziologicamente irrilevante la sua presenza.
A chiudere il contenzioso relativo al drammatico episodio provvedono i magistrati di Cassazione, ricordando che tra le cause sopravvenute di per sé idonee ad interrompere il nesso di causa può rientrare anche la condotta della vittima del fatto che si assume illecito e ciò si verifica quando tale condotta, pur inserendosi nella serie causale già avviata da altri, ponga in essere un’altra serie causale eccezionale ed atipica rispetto alla prima, idonea da sola a produrre l’evento dannoso, che sul piano giuridico assorbe ogni diversa serie causale e la riduce al ruolo di semplice occasione. In questa ipotesi, la condotta della vittima costituisce la cosiddetta causa prossima di rilievo, che esclude l’ipotizzabilità del concorso di altre cause.
Per essere precisi, la condotta della vittima, a sua volta, può ritenersi causa prossima di rilievo, idonea ad escludere la responsabilità altrui: o quando sia stata assolutamente eccezionale, imprevista ed imprevedibile; oppure quando sia consistita in una negligenza od imprudenza così gravi ed inescusabili da rendere irrilevanti le precedenti condotte colpose di terzi, e ciò sul presupposto che queste ultime sarebbero rimaste inoffensive, se la vittima avesse osservato un minimo di diligenza.
Applicando questa prospettiva alla vicenda in esame, i magistrati ritengono inequivocabile il comportamento tenuto dall’uomo, il quale, arrivato sul posto in compagnia delle due minori, al limitare della pineta ed in prossimità del punto da cui si accedeva alla spiaggia, si è trattenuto a chiacchierare con un conoscente per circa mezz’ora, mentre le due bambine, proseguendo il loro cammino, sono arrivate sulla spiaggia e si sono tuffate in mare da sole. Per i giudici si tratta di un comportamento connotato da colpa grave ed inescusabile, tale da costituire la causa prossima rilevante del tragico evento, anche perché, essendosi egli fermato prima della spiaggia, in un punto dal quale non era per lui possibile avvistare la eventuale presenza di cartelloni indicanti la assenza di un servizio di salvataggio e la rischiosità della balneazione, anche ove il Comune si fosse attenuto alle prescrizioni imposte dall’ordinanza adottata dall’Ufficio Circondariale Marittimo ed avesse apposto il cartello, egli non avrebbe potuto comunque leggerli.
In sostanza, l’uomo ha compiuto un atto di volizione libero, consapevole ed autonomo, cioè quello di abdicare all’adozione delle cautele del caso, a tutela delle minori, idonee a scongiurare situazioni di pericolo per loro, e ciò ha reso irrilevante la condotta omissiva tenuta dal Comune, caratterizzata dalla mancata osservanza delle prescrizioni previste dalla ordinanza di sicurezza balneare che prevede, a carico dei Comuni, l’obbligo di garantire, per i tratti di litorale destinati alla libera fruizione, un servizio di salvataggio, analogamente a quanto previsto per i gestori di strutture balneari e spiagge attrezzate, e, in caso di mancato apprestamento di tale servizio, l’obbligo di rendere nota all’utenza la mancanza dei servizi minimi mediante specifica cartellonistica da apporre in modo visibile sia lato strada che nei pressi della battigia, avente specifiche dimensioni e riportante la dicitura “Attenzione balneazione non sicura per mancanza di servizio di salvataggio”.
Per i giudici di Cassazione non ci sono dubbi: la condotta imputabile all’uomo è stata gravemente negligente ed inescusabile, per avere lasciato incustodite due minori sulla spiaggia, non curandosi di vigilare su di loro al fine di evitare che potessero tuffarsi in mare, ed è, pertanto, evidente che tale condotta va letta come causa determinante ed esclusiva dell’evento che ne è derivato, tale da togliere qualsiasi rilevanza al contegno omissivo del Comune.