Imposte sui redditi e società a ristretta base partecipativa: come opera la presunzione di attribuzione degli utili extracontabili ai soci
Spetta al contribuente fornire la prova contraria, contestando l’effettivo conseguimento di utili da parte della società o dimostrando la mancata distribuzione degli stessi utili
In tema di imposte sui redditi, nelle società a ristretta base partecipativa è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili conseguiti e non dichiarati dalla società, presunzione fondata sulla ristrettezza dell’assetto societario che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale. Una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta al contribuente fornire la prova contraria, non potendo limitarsi ad allegare genericamente la mancanza di prova di un valido e definitivo accertamento nei confronti della società, ma dovendo contestare l’effettivo conseguimento di tali utili da parte della società o dimostrare la mancata distribuzione degli stessi utili.
Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 24563 del 4 settembre 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso originato dai due distinti avvisi di accertamento, relativi all’anno d’imposta 2006, notificati dall’Agenzia delle Entrate ad una ‘s.r.l.’ e al suo socio unico.
Decisivo il richiamo alla disciplina relativa alla attribuzione ai soci di società a base ristretta dei maggiori utili accertati alla società.
In generale, in tema di imposte sui redditi di capitale, per escludere l’operatività della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, conseguiti e non dichiarati da una società a ristretta base partecipativa, non è sufficiente che il socio si limiti ad allegare genericamente la mancanza di prova di un valido e definitivo accertamento nei confronti della società, ma deve contestare lo stesso effettivo conseguimento, da parte della società, di tali utili, ove non sia in grado di dimostrare la loro mancata distribuzione, e in ogni caso l’autonomia dei giudizi nei confronti della società e del socio e il rapporto di pregiudizialità dell’accertamento nei confronti del primo rispetto a quello verso il secondo.
Per altro verso, in materia di imposte sui redditi, costituisce principio consolidato quello secondo cui, ai fini dell’accertamento del maggior reddito, imputato quale partecipazione al capitale delle società a ristretta base sociale, è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, con la conseguenza che, una volta ritenuta operante detta presunzione, spetta poi al contribuente fornire la prova contraria.
Ragionando sul caso in esame, il principio trova conferma, secondo i giudici, nella obiettiva circostanza che l’assetto societario comprendeva un unico socio, con una partecipazione al 100 per cento delle quote sociali.
A fronte di tali dati oggettivi, costituisce un dato altrettanto oggettivo che l’accertamento sul maggiore imponibile della società non era affatto definitivo, così che era necessario valutare, incidentalmente, se la società avesse conseguito un imponibile pari o inferiore a quello contestato dall’erario. Sotto tale profilo l’attività valutativa dei giudici di secondo grado si è limitata ad assumere per definitive le risultanze della sentenza emessa nei confronti della società, senza tuttavia che questa fosse definitiva, con ciò violando quelle che erano le valutazioni indispensabili che avrebbe dovuto altrimenti correttamente operare. Né può assumere rilievo la considerazione, pure esternata in sentenza tra gli argomenti utilizzati dal collegio d’appello, che non risultavano evidenze della distribuzione di ulteriori utili per mancanza di riscontri, desumibili da tracciabilità bancaria.
A questo proposito, è da ribadire che, in tema di percezione di utili occulti da parte della società, la prova della loro distribuzione ai soci non può certo richiedere l’emersione di passaggi di denaro tracciabili su conti bancari. Si tratta sempre di trasferimenti occultati e, per quanto chiarito, alla presunzione di distribuzione di reddito da partecipazione, tanto più se occultato dalla società, resta sempre a carico del socio dare prova contraria alla sua percezione. D’altronde, in tema di società a ristretta base azionaria, per applicare la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili fra i soci non è necessario che tra i soci sussista un legame di parentela, né è ostativo che la società rivesta la natura di società per azioni, essendo sufficiente la ristrettezza della base sociale, che di norma implica in sé un elevato grado di compartecipazione dei soci, la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza dell’esistenza di utile extrabilancio. Senza dimenticare, poi, la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con la conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma deve dimostrare – eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva – che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società e che quest’ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che di quegli utile se ne è appropriato altro soggetto.
Ciò detto, i giudici d’appello hanno commesso un errore, poiché, a fronte di una sentenza in parte favorevole alla società, non si sono avveduti tuttavia che, per non essere ancora quella pronuncia definitiva, gravava ancora sul socio l’onere della prova della assenza di distribuzione di utili, e hanno inoltre ritenuto utile la dimostrazione, evidentemente a carico dell’erario, della distribuzione occulta degli utili, desumibile, a loro dire, anche dalla tracciabilità dei movimenti bancari, pur controvertendosi su una ipotesi di unico socio della compagine sociale.