Risarcimento: fondamentale la valutazione del possibile concorso di colpa della vittima
Necessario comparare la colpa della vittima con quella dell’offensore, e stabilire quale tra le due colpe sia stata più grave e quale tra le due condotte colpose abbia apportato il contributo causale prevalente rispetto all’avverarsi del danno

A fronte della ricostruzione di un incidente stradale, il possibile concorso di colpa della vittima va determinato né a senso, né a sensazione, ma va valutato in base ai criteri stabiliti dal Codice Civile in materia di concorso del fatto colposo del creditore, e, quindi, diminuendo il risarcimento secondo la gravità della colpa del soggetto danneggiato e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Questo il chiarimento fornito dai giudici (ordinanza numero 23804 del 4 settembre 2024 della Cassazione), chiamati a prendere in esame la questione relativa alla quantificazione del ristoro economico per una donna vittima di un incidente stradale ma ritenuta colpevole di avere contribuito alle lesioni riportate, non avendo allacciato la cintura di sicurezza, come invece obbligatorio. In generale, il concorso di colpa della vittima nella causazione del danno da essa sofferto va determinato, Codice Civile alla mano, mediante la comparazione della colpa della vittima con quella dell'offensore e la valutazione, in via ipotetica, di quale tra le due sia stata più grave in riferimento all'altra e di quale tra le due condotte colpose abbia apportato il contributo causale prevalente rispetto all'avverarsi del danno. Illogico, quindi, determinare, nella vicenda in esame, il concorso di colpa della donna vittima del sinistro stradale per mancato uso delle cinture di sicurezza limitandosi a prendere in esame solo l'entità dei danni subiti, senza comparare la gravità delle rispettive colpe delle persone coinvolte. Per i giudici di primo grado, la vittima, non allacciando la cintura di sicurezza, ha contribuito alla causazione del danno, e se avesse allacciato la cintura, avrebbe verosimilmente patito una invalidità permanente del 55 per cento, invece che del 100 per cento. Per i giudici di secondo grado, invece, nel caso di concorso colposo della vittima di lesioni personali, il danno deve liquidarsi riducendo non già il grado percentuale di invalidità permanente, ma l’ammontare monetario del risarcimento, e, quindi, va determinata nella misura del 20 per cento l’apporto colposo della vittima, con incremento della stima del danno non patrimoniale rispetto a quanto ritenuto in primo grado. A fare chiarezza provvedono i magistrati di Cassazione, precisando che bisogna comparare la colpa della vittima con quella dell’offensore, e valutare quale tra le due colpe sia stata più grave in riferimento all’altra e quale tra le due condotte colpose abbia apportato il contributo causale prevalente rispetto all’avverarsi del danno. E tale valutazione va condotta ipotizzando dapprima quale danno si sarebbe verosimilmente verificato se solo uno dei due soggetti coinvolti avesse tenuto la condotta alternativa corretta, e quindi ripetendo l’operazione a parti invertite. Così, in materia di sinistri stradali, quando si accerti un concorso colposo della vittima nella causazione del danno, per stabilirne la misura l’iter logico da seguire deve essere: ipotizzare quale danno la vittima avrebbe sofferto, se il responsabile avesse tenuto una condotta corretta, e la vittima la condotta colposa che gli viene addebitata; ipotizzare quale danno la vittima avrebbe sofferto, se il responsabile avesse tenuto la condotta colposa che gli viene addebitata, e la vittima la condotta alternativa corretta; comparare gli esiti delle due differenti ipotesi.