Bloccata l’uscita sulla via pubblica anche a fronte di una legge o di un provvedimento della pubblica amministrazione

I giudici precisano che spetta a colui che richiede la costituzione della servitù dimostrare la giuridica impossibilità di accesso alla via pubblica

Bloccata l’uscita sulla via pubblica anche a fronte di una legge o di un provvedimento della pubblica amministrazione

In materia di costituzione di servitù coattiva di passaggio, alla luce di quanto previsto dal Codice Civile, costituisce impedimento ad usufruire d’uscita sulla via pubblica la circostanza che un tale accesso risulti precluso dalla legge o dalla pubblica amministrazione. Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 25088 del 18 settembre 2024 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo ad un fondo confinante con una strada provinciale e che aveva avuto accesso ad una strada comunale da un fondo vicino. I giudici precisano poi che spetta a colui che richiede la costituzione della servitù dimostrare la giuridica impossibilità di accesso alla via pubblica. Tuttavia, ove il consulente del giudice abbia escluso, sulla base degli accertamenti e delle informazioni ricevute dalla pubblica amministrazione, che dell’accesso il soggetto possa legittimamente fruire, non costituisce argomento che possa ribaltare una tale valutazione tecnica la circostanza che non consti essere stata presentata istanza per l’autorizzazione al passo carrabile. Decisivo è il richiamo a quanto stabilito dal Codice Civile. Nello specifico, il proprietario, il cui fondo è circondato da fondi altrui, e che non ha uscita sulla via pubblica, né può procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, ha diritto di ottenere il passaggio sul fondo vicino per la coltivazione e il conveniente uso del proprio fondo. L’istituto si basa su ragioni tanto risalenti che ovvie: la mancanza d’accesso alla via pubblica renderebbe vano il diritto di proprietà, procurando, inoltre, la formazione di zone franche anche dalla indispensabile manutenzione e un danno all’economia agricola in generale. Possibile, però, disporre servitù coattiva in presenza d’impedimento solo giuridico dell’accesso alla pubblica via? Per rispondere a questa domanda i giudici partono dalla questione prioritaria, riguardante il significato normativo della mancanza d’uscita sulla pubblica via. Ove si limitasse il concetto di interclusione alla presenza d’un ostacolo fisico, sia esso costituito dalla presenza di fondi altrui o dalla orografia dei luoghi, la ratio della norma risulterebbe radicalmente sconfessata. Invero, negare che l’impossibilità d’accesso derivante dalla legge o da determinazioni della pubblica amministrazione, come nel caso in cui la strada, per la sua qualità o per il suo modo d’essere, non consenta, senza pericolo, l’autorizzazione di varchi privati, non integri l’ipotesi prevista dal Codice Civile, condannerebbe il fondo alla perenne interclusione. Non a caso, in passato, si affermò sussistere il diritto del proprietario di un fondo destinato ad uso agricolo di ottenere la servitù di passaggio coattivo attraverso il fondo del vicino anche allorché esista un transito di accesso alla via pubblica, se il cattivo stato di manutenzione di esso, non occasionale e transitorio, e il potere discrezionale della pubblica amministrazione nel renderlo praticabile, ne escludano l'utilizzabilità, sì da configurare la sostanziale interclusione del fondo. Ovviamente, come per le circostanze che comportino l’interclusione fisica, anche per quella giuridica la prova deve essere fornita da chi agisce per la costituzione della servitù coattiva di passaggio.

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